La parola “resilienza” è diventata parte del linguaggio comune, spesso usata senza una piena comprensione del suo significato reale e dell’influenza che può avere su di noi.
Spesso associata alla capacità di superare le avversità e di tornare alla normalità dopo un evento traumatico, la resilienza in realtà rappresenta una negazione dell’azione e della trasformazione attiva.
Essere resilienti significa aspettare passivamente che le cose spiacevoli passino e che la vita torni come prima.
È un invito a godere edonisticamente del presente, subire gli impatti momentanei e tornare poi identici a prima. Questo atteggiamento passivo non offre un’azione per cambiare le cose nel presente e manca di una visione per il futuro.
La resilienza si basa sulla comprensione dell’assenza di senso della vita e porta a una funzionalità verso il mondo, permettendo al sistema di scaricare ciò che siamo senza rischi o rimorsi. Tuttavia, diventando sempre più bravi a rialzarci dopo una caduta, gradualmente perdiamo la capacità di affrontare il dolore e di rimanere a terra.
Al contrario, la resistenza implica un’opposizione attiva. Chi resiste si prende in carico ciò che accade intorno e non accetta la distruzione totale. Resistere significa fare esperienza, rischiare di farsi male e di sparire pur di opporsi alla distruzione generale. Non si smette mai di essere indignati, di lottare per i diritti e di vigilare affinché vengano rispettati e protetti.
La resistenza è il punto di partenza del “nichilismo attivo”, un concetto definito da Nietzsche. I nichilisti attivi sono consapevoli dell’assenza di senso della vita, ma non si limitano a lasciarsi andare. Accettano la vita nella sua complessità e nel suo caos, disponendosi a diventare altro da quello che già sono, senza mai rinunciare a misurarsi con il mondo.
In un contesto italiano dominato da un’ignoranza crescente, razzismo e soppressione dei diritti, sarebbe cruciale l’emergere di una nuova resistenza che ponga limiti invalicabili a livello etico, sociale e politico. La resistenza non si nasconde, ma trasforma il trauma in epica e non smette mai di lottare per il bene comune.
La scelta tra resilienza e resistenza è fondamentale.
Mentre i resilienti evitano l’esposizione e pensano solo al proprio godimento, i resistenti hanno bisogno di una dimensione collettiva. La resistenza è una forza che ci permette di trasformarci e di affrontare l’ignoto, l’incertezza e il rischio.
Liberiamoci dal lassismo della resilienza e abbracciamo la meraviglia della resistenza, che ci spinge a costruire insieme e a imprigionare simbolicamente chi cerca di sopprimerci.