L’interazione reciproca tra imprese e Terzo settore sta diventando sempre più evidente nell’ambito dell’economia contemporanea. Mentre il settore non profit si è da tempo adattato per diventare competitivo, si sta sviluppando un modello di intrapresa economica che riconosce l’importanza e persino la convenienza di perseguire non solo il profitto, ma anche la coesione sociale sia all’interno che all’esterno dell’azienda.
Questo fenomeno è stato monitorato a lungo da Unioncamere attraverso il rapporto biennale “Coesione e competizione”, realizzato in collaborazione con la fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo, il Centro studi Tagliacarne e l’istituto Ipsos per l’elaborazione statistica.
Il numero di imprese coesive, che si concentrano sul benessere della comunità territoriale, dei lavoratori, dei clienti e sul rapporto con le istituzioni e il Terzo settore, è in crescita.
È un modello che funziona.
Sorprendentemente, le imprese che non si focalizzano esclusivamente sul fatturato, il profitto e i dividendi, ottengono risultati migliori e più duraturi anche in termini di performance aziendale. Non si tratta di un’impresa altruistica, che non esiste, ma di un modello che, tenendo conto di tutti i fattori in gioco, ottimizza le risorse, crea empatia e favorisce la fidelizzazione. Ciò ha numerose implicazioni: mantenere relazioni solide e positive con il territorio accresce la fiducia degli utenti e migliora la qualità dei prodotti e dei servizi, più adeguati alle esigenze della comunità. Inoltre, quando i dipendenti sanno che si stanno impegnando non solo per il profitto dell’azienda, ma anche per il benessere collettivo, si sentono parte integrante del progetto aziendale, favorendo la collaborazione sul posto di lavoro e aumentando la produttività.
Gli investimenti nel welfare aziendale e i casi di azionariato diffuso stanno crescendo in questa direzione, ottenendo ottimi risultati.
I dati supportano questa tendenza. Nel rapporto più recente, le imprese coesive sono passate dal 32% del 2018 al 37% nel 2020 e al 43% nel rapporto del 2022 appena pubblicato. Per quest’anno si stima che il 55,3% delle imprese coesive registrerà un aumento del fatturato, rispetto alla media del 42,3%; il 34,1% avrà un aumento dell’occupazione, rispetto alla media del 24,8%; e il 42,7% avrà un aumento delle esportazioni, rispetto alla media del 32,5%. Il 62,1% di queste aziende investe in sostenibilità ambientale, quasi il doppio rispetto alla media del 33,2%.
Nel biennio preso in esame dall’ultima ricerca, le imprese coesive hanno registrato un aumento del fatturato del 38%, un dato confortante in un periodo in cui resistere è stato difficile (la media generale delle imprese che hanno aumentato il fatturato è del 29%). Nonostante le difficoltà, il 12% delle aziende coesive è riuscito ad aumentare l’occupazione, rispetto all’8% della media. Più del 50% di queste imprese è internazionalizzato, rispetto alla media del 41%, e dimostra una maggiore fiducia nel futuro. Mostrano una maggiore “resilienza”, parola diventata di uso comune durante il biennio di riferimento.
La pandemia da COVID-19 ha sicuramente sollecitato l’attenzione su questa tematica, evidenziando l’importanza di creare reti tra componenti economici, sociali, profit e non profit, nonché con le istituzioni, come parte integrante della missione delle Camere di commercio.
Tuttavia, i dati sottolineano una realtà in chiaroscuro, con il Sud d’Italia in ritardo per quanto riguarda la percentuale di imprese coesive, così come il Lazio, che si posiziona al penultimo posto. Proprio le regioni con maggiori potenzialità turistiche mostrano una minore capacità di creare una rete con il territorio e i destinatari dei servizi.
Tuttavia, il dato complessivo è molto incoraggiante. Il modello capitalista turbo, iperliberista e finanziarizzato dell’economia si dimostra inadeguato ai tempi attuali, mentre un modello più efficace e moderno che punta sul capitale umano sta emergendo. Questo è vero anche per il Sud Italia, al di là delle statistiche, poiché non raccontano di molte realtà in cui si sta costruendo un modello virtuoso di coesione economica.